Il valore del lessico

Una volta hai usato un’espressione che mi sembra sintetizzare questa strada: “rendere accessibile la complessità”.

Nel dialogo con gli autori del manuale di storia Narrare la storia, ho compreso che il vero problema non è tanto il lessico quanto la sintassi, cioè i veri problemi di comprensione non sono dati dalle parole che uno non conosce, quanto dalla struttura con cui il pensiero è articolato nel testo. Se la struttura è molto complicata il ragazzo rischia di non seguire il filo del discorso; per questo abbiamo scelto testi che avessero una sintassi lineare senza rinunciare alla ricchezza e varietà lessicale.
L’apprendimento lessicale è un tipo di apprendimento che un ragazzo può colmare anche da solo. A lezione proietto sempre sulla LIM il vocabolario online, anche quello etimologico: ci si mette un attimo a cercare la parola. I ragazzi stessi hanno strumenti veloci per reperire il significato delle singole parole, non devono neanche seguire l’ordine alfabetico per cercare nel vocabolario un termine!

Perché è importante la ricchezza lessicale?

Questa è una bella domanda. Ci sembra di poter dire che non è tanto un problema di nozionismo o di erudizione. C’è chi si lamenta dell’abbassamento del lessico come a dire: “Meno parole sai meno erudito sei, meno socialmente affermato puoi diventare”.
Quello che abbiamo capito noi invece – la lettura del libro di Bellamy, I diseredati, è stata molto interessante a tale proposito – è il fatto che le singole parole portano con sé una storia. Nell’uso hanno cambiato di significato; cambiando di significato portano tutta la riflessione dei popoli, degli uomini che l’hanno usata, tutta la loro esperienza, quindi le parole arrivano a noi ricche di tutta questa umanità che le ha portate anche a delle variazioni.
Per esempio: oggi in classe leggevamo nel Proemio dell’Odissea che Ulisse “molto errò”. Siamo andati a cercare “errare” che inizialmente voleva dire “vagare”; da “vagare” ha iniziato a voler dire “vagare senza meta, sviare, sbagliare strada”, da “sbagliare strada”, “sbagliare, fare un errore”. Da questa storia della parola i ragazzi hanno capito che Ulisse non ha viaggiato direttamente da Troia a Itaca, ha sbagliato delle strade perché è stato in giro dieci anni prima di arrivare a casa, ma hanno anche capito che Ulisse è un uomo, non è un dio: erra. Omero ci sta presentando un eroe che ha sbagliato, che ha preso decisioni sbagliate, infatti durante il viaggio vedremo come si sia lasciato abbindolare da Circe, eccetera. Ha fallito in un certo senso, non ha realizzato integralmente lo scopo che aveva in partenza: arrivare a Itaca con i compagni. Infatti arriva da solo, i compagni muoiono tutti. Approfondendo una sola parola del testo, “errò”, si è compresa di più l’intera Odissea.
Per far questa esperienza occorrono degli strumenti, occorre andare a cercare sui vocabolari, sul vocabolario etimologico, avere un professore che interviene, che guida la discussione.
La ricchezza lessicale non è per essere forbiti, eruditi e basta; la ricchezza lessicale è la coscienza della storia a cui si appartiene, è la coscienza di una storia di uomini che la lingua porta con sé e arriva fino a te e tu usando quella parola puoi incrementare quella storia.
È bello che i ragazzi capiscano questo, perché nel futuro chi riceverà queste parole le riceverà ricche dell’esperienza che ne abbiamo fatto noi e ci sono parole più dense di significato, rispetto ad altre, che nel tempo raccolgono questa storia, questa vita, questa modalità di lettura della realtà, queste categorie con cui si interroga la realtà.

Per esprimere il valore e il potere della parola è paradigmatica l’immagine di Adamo che, posto davanti al creato, dà il nome agli animali e alle cose. In tal modo esercita una signoria su di esse.

Dando un nome alle cose si entra in rapporto con esse. Uno dei problemi di chi ha poche parole è che fa fatica a entrare in rapporto con le cose, perché non le possiede fino in fondo, non riesce a esprimere il nesso che c’è tra quell’evento, quella situazione e sé stesso, le sue domande, le sue esigenze. Avere poche parole non permette di cogliere tutte quelle sfumature nella realtà che danno anche ragione delle sfumature dei sentimenti.
Per esempio nella sezione del primo libro sulla favola c’è un bellissimo lavoro proposto da alcuni docenti che fa passare dall’aggettivo al nome astratto, cioè le favole vengono studiate cercando di mettere in luce con un aggettivo le qualità dei protagonisti. Durante il percorso che noi chiamiamo di rilettura, di analisi del testo, viene chiesto di raccogliere in un’unica parola astratta, come “ottusità”, “avarizia”, tutta l’esperienza fatta di lettura e ritrovamento di caratteristiche dei personaggi.
Dare ai ragazzi questa capacità è importantissimo; a volte per loro è anche liberante. Poter vedere una serie di segni, ad esempio, nel rapporto con i fratelli e poterla chiamare ‘gelosia’, poter nominare tutto quel sentimento che ti fa star male con un nome astratto è liberante, perché una volta che lo hai nominato da un certo punto di vista puoi dominarlo, prima no.
La loro è un’età in cui hanno un bisogno profondo di questi nomi astratti, perché vivono una serie di avvicendamenti, sentimenti, di percezioni della realtà confuse che, finché non hanno un nome, non sono gestibili. Una volta datogli un nome, non è che il problema si risolva, però si può formulare la domanda su come affrontarlo, cioè non è più un mostro.

“Una cosa nominata non è più un mostro”: questa frase mi sembra esprimere il valore del lavoro che state proponendo.

Per combattere la superficialità occorre far vedere ai ragazzi che si può parlare di tutto, si può nominare tutto, con pazienza ovviamente, attraverso un’analisi, uno studio: per loro è una preziosa forma di liberazione.
“La verità vi renderà liberi”: lo si vede concretamente nei ragazzi perché si tranquillizzano, cioè identificano e danno il nome a ciò che vivono e l’affrontano. Prima no, prima è impossibile, prima si ha davanti un buco nero.
Quindi non è solo teoricamente che la parola serve a entrare in rapporto col mondo, è qualcosa che noi quotidianamente vediamo esperienzialmente nei ragazzi.

Statistiche

I cookie statistici vengono utilizzati per monitorare le performances del sito, per esempio per conoscere il numero di pagine visitate o il numero di utenti che hanno visualizzato una determinata sezione.

I cookie statistici utilizzati dal nostro sito si avvalgono di servizio di Google Analytics.

L’analisi di questi cookie genera dati statistici anonimi e aggregati senza riferimento alcuno all’identità dei navigatori del sito. Sono utili anche per valutare eventuali modifiche e miglioramenti da apportare al sito stesso.

Chiudi

Targeting

I cookie di targeting sono cookie impostati da terze parti come YouTube, Facebook, Twitter.

Questi cookie tengono traccia del tuo comportamento come la riproduzione di video o quali tweet hai già visualizzato.

Se non viene dato il consenso a questi cookie, non sarà possibile guardare i video su questo sito web o utilizzare la funzionalità di condivisione sui social.

Questi cookie possono essere utilizzati dal fornitore di cookie per creare un profilo dei tuoi interessi e mostrarti pubblicità pertinenti su altri siti. Non memorizzano direttamente informazioni personali, ma si basano sull'identificazione univoca del browser e del dispositivo Internet.

Chiudi