L’introduzione al linguaggio poetico

Come avete impostato il percorso relativo alla lirica?

Il percorso di introduzione alla lirica nasce da una intensa discussione sia fra noi curatori sia con altri docenti. Abbiamo capito, riflettendo sulle nostre esperienze didattiche, che non dovevamo fare una storia della letteratura poetica, ma introdurre i ragazzi al linguaggio poetico attraverso un punto di vista tematico.
In prima media proponiamo soprattutto liriche che mettono a tema la natura e in seconda liriche che mettono a tema il tempo, i momenti della giornata e paradigmaticamente un elemento della natura che desta particolare passione, interesse, domanda: il mare. In terza l’incontro con un poeta esemplare del ’900, Ungaretti, e con altri poeti anche contemporanei che mettono a fuoco grandi tematiche esistenziali, cruciali per l’età dei ragazzi (gli affetti, l’amicizia, la libertà, il senso delle cose, la conoscenza…).

La lirica italiana ha una lunga storia: quale epoca avete privilegiato?

Abbiamo optato per una grossa libertà di scelta tra i poeti soprattutto del ’900, privilegiando alcuni più adatti all’età in questione, senza la pretesa di esaurire tutto il panorama della storia della lirica.

Come introducete i ragazzi al linguaggio poetico?

Nell’editoria scolastica c’è la tendenza a dire tutto, quindi a mettere in evidenza nell’analisi tutte le figure di senso, tutte le figure di suono, gli elementi di stile e di metrica presenti in ogni testo. Le analisi delle poesie proposte in alcune antologie sono soffocanti: “Misura i versi, conta quante sinestesie ci sono…”. Leggere una poesia sembra una specie di gara a chi trova più figure retoriche: il tecnicismo sulla lirica ha raggiunto forme ossessive.
L’incontro con la poesia non deve cadere nell’analiticità e nel tecnicismo: per ogni testo facciamo notare solo quelle figure retoriche o quegli elementi di stile e metrica che ci servono a entrare in quel preciso testo. Il tutto è nel frammento: per accedere al significato occorre partire da un punto, da un particolare, non dall’elenco di tutti gli elementi.

Nella pratica didattica questo come avviene?

Se in una poesia sono particolarmente di rilievo per l’accesso al significato le rime, lavoriamo sulle rime; se in una sono le onomatopee, lavoriamo sulle onomatopee, senza avere la preoccupazione di dire tutto su ogni testo. C’è anche una gradualità da rispettare. In prima media si fanno notare solo alcuni elementi del linguaggio poetico, in seconda e in terza ne aggiungiamo progressivamente qualcun altro.
Insisto sulla necessità della scelta in campo didattico ed educativo, in un contesto sociale in cui tutti paiono avere paura di scegliere!
L’arte della didattica è scegliere contenuti e metodi essenziali per introdurre i giovani nel vasto mondo del sapere e per dar loro gli strumenti utili a condurre indagini in proprio.
Scopo dell’incontro con il testo letterario alle medie non è infatti fare di ragazzi di undici-dodici anni degli specialisti della letteratura, ma introdurli ad essa.

Cosa ha portato all’ossessione analitica di cui parlavi?

Purtroppo la didattica ha subito l’influenza di uno strutturalismo degradato a tecnica di analisi, che, in nome della scientificità e dell’oggettività, ha portato a trattare i testi, anche letterari, come palestre per esercitazioni volte a rintracciare elementi strutturali ricorrenti e non quali occasioni per porsi in dialogo con autori, con uomini che hanno qualcosa da dire e da dirci. Addirittura si è arrivati, in alcuni casi, a scegliere i testi da leggere ai ragazzi in funzione della presentazione di determinate strutture retoriche e stilistiche, narratologiche. Illuminante a tale proposito il testo di La letteratura in pericolo di Tzvetan Todorov, del 2008

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