Il vostro metodo ha un nome?

Effettivamente per poter mettere a tema nei discorsi un oggetto o un evento occorre denominarlo. Ci piacerebbe chiamarlo con un termine non comune, ma efficace: metodo della composizionalità. Lo stare insieme delle parole è infatti un fenomeno molto misterioso, che attira la curiosità del linguista e avvia l’indagine. Il testo si forma aggiungendo una parola all’altra, ma il senso non è il risultato di una somma: ogni parola che si aggiunge in qualche modo modifica quelle precedenti e armonizzandosi costruiscono un significato. Un esempio? Si pensi ai sintagmi: “occhi azzurri” e “occhi rossi”, il senso non emerge dalla somma di due parole, ma dalla loro composizione: se dico “occhi azzurri” mi riferisco all’iride, se dico “occhi rossi” mi focalizzo sulla cornea. Se dico “presto denaro” o “presto aiuto” uso il verbo prestare in due sensi molto diversi: nel secondo caso il verbo “prestare” perde l’idea dell’impegno alla restituzione che vive nella prima espressione: la parola che completa il verbo ne riformula il senso.
Platone per indicare l’accordo tra nome e predicato usa lo stesso verbo che indicava l’intreccio delle componenti di un’opera artigianale: sympléko “intrecciare”. Nella lingua accade così: ogni parte del discorso modifica le parti con cui si accorda e insieme costruiscono un unico senso. Il senso è un punto, ma emerge in una linea, come punto non lo si può cogliere, l’uomo ha bisogno di parole e di frasi per dirlo e per comprenderlo.
Lo studio della lingua è lo studio di come avviene il rapporto tra il punto e la linea, di come si compongono le parti di un discorso per costruire dei sintagmi, di come i sintagmi compongono le frasi, le frasi i periodi, i periodi i testi. Uno dei problemi dei social – e dei mass media in genere – è che spesso non si legge la frase successiva o una frase viene estrapolata dal contesto nel quale è stata detta. Quindi si recide il nesso che costruisce il senso: la citazione magari è giusta, ma il suo senso può essere radicalmente modificato in assenza del contesto. Occorre dare coscienza di questo ai nostri studenti, perché non diventino fruitori acritici in questa era di comunicazione frammentata e veloce.

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